SEPARAZIONI, FIGLI E NUOVI COMPAGNI: ESISTE UN TEMPO GIUSTO?

09-10-19

Cecilia Elena Preda, Medico Neuropsichiatra Infantile

Dottoressa, qual è il momento giusto per presentare ai miei figli la mia nuova compagna?

Con questa domanda mi chiama una mattina un papà, separato (non importa da quanto), innamorato convintamente di una nuova donna, ma in affettuosi e sereni rapporti con la sua ex moglie. Non vuole fare pasticci, mi dice, né per i figli né per la loro mamma.

Questa domanda si riferisce a una situazione comune ma con moltissime declinazioni, variabili in relazione a caratteristiche personologiche, età dei figli, equilibrio nei rapporti con l’ex partner, risorse interne di ciascuno.

Tuttavia credo che una risposta comune possa essere data, che non ha a che fare col tempo cronologico, ma con il tempo interno e affettivo che è specchio della nostra apertura all’altro. Presentare un nuovo compagno di vita significa chiedere implicitamente ai figli di prendere atto che esiste una persona, finora a loro sconosciuta, che gioca nella vita di mamma o papà (o entrambi) un ruolo prima rappresentato solo all’interno del nucleo familiare. È una bella responsabilità.

In questa ottica, assume una importanza essenziale quanto la nuova coppia, in entrambi i componenti, sia pronta a considerarsi e a considerare i figli in una prospettiva affettiva e disponibile. Non si tratta di sostituzioni affettive, ma di sentire davvero che è possibile avere uno spazio, interno ed emotivo, per accoglierli, anche nelle loro perplessità e difese.

Questo prescinde, quindi, da quotidianità e bisogni concreti, che rischiano di offuscare una prospettiva meno tangibile ma molto più importante. Condividere stanze, tempi, vacanze e attività senza che siano stati ben valutati i presupposti affettivi che le sottendono, mette a rischio le relazioni sia sentimentali che parentali, perché confonde i piani e toglie libertà.

Diventa quindi indispensabile non confondere il desiderio vero dalla comodità, organizzazione e intrattenimento che costituiscono il nostro quotidiano. In questo senso davvero bisogna riscoprirsi adulti e capaci di tollerare la frustrazione che si sperimenta quando non si ha immediata soddisfazione dei bisogni. Il che non è facile per niente, considerando quanto si viva immersi in una realtà immediata, veloce e che non insegna a sperimentare né tollerare rinunce.

Così, una vacanza al mare, una cena, un fine settimana o una attività sportiva, sono realmente condivisibili quando alla base c’è il desiderio veramente pensato e sentito di accogliere una persona (spesso ancora piccola e immatura) che è, e inevitabilmente sarà sempre, in una posizione difficile e ambivalente. La posizione per cui, essendo figlio, appartiene (affettivamente, ma anche per somiglianza fisica e caratteriale) a due persone di cui una non sei tu.

Non è allora solo disponibilità ad accogliere una parte di un altro che è stato, in passato, nella stessa posizione affettiva, ma anche a vivere il partner in una modalità inedita e non più esclusiva. Vedere la persona amata fare il padre o la madre di un figlio che non ci appartiene, scoprirlo essere magari diverso da come lo si conosce, può ispirare moltissimi sentimenti, variabili e non sempre prevedibili, dalla tenerezza alla gelosia alla estraneità. È importante quindi essere pronti a tollerare di sperimentare anche sentimenti negativi, che spesso non sono esplicitati ma affaticano e confondono.

In questa ottica, dunque, non ci sono tempi, scadenze o attese che si possano misurare in mesi o anni, ma tempi interni che dipendono dalla solidità del rapporto e del progetto della nuova coppia.

Può accadere anche di pensare sia più facile quando i figli sono più piccoli. Questo è vero solo in parte, va sempre tenuto in mente che le reazioni dei bambini possono essere molto variabili e non avere necessariamente il significato che si pensa; per esempio può accadere che bimbi piccoli si affezionino subito, manifestando un attaccamento che a volte è genuino ma a volte maschera una componente di angoscia o di compiacenza.

Per concludere, non esiste forse una risposta univoca sul tempo adatto, la risposta deve essere data dalla capacità di accogliere e proporre nuove modalità relazionali che modificano gli equilibri affettivi e inseriscono nuove variabili, ben più importanti o significative della cena o festa o attività condivise.

Variabili impegnative per tutti, ma che portano in sé, quando sono ben strutturate e sincere, prospettive di affettività allargata che possono davvero diventare risorse. Forse è l’equilibrio sottile e un po’ magico che deve guidare il desiderio iniziale, di essere, ognuno a proprio modo, famiglia.

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